Molière un artista eclettico e stravagante arriva a teatro nel XVII sec con sua opera più terrena: “l’Avaro”. Una commedia che riflette la società parigina del 1600 attraverso il valore del denaro. Molière e l’Avaro: un tema sentito all’epoca tanto quanto al giorno d’oggi.
L’artista lascia i suoi studi d’avvocato per fondare una compagnia teatrale “l’Illustre Théatre”. Attraversa la Francia per proporre le sue opere, fin quando non riscuote successo alla corte di Luigi XIV e la sua compagnia diventa la “compagnia reale”.
Il drammaturgo compone i suoi capolavori, in cui si rivolge alla critica della società seicentesca nella sua interezza; dai ricchi ai poveri, ma soprattutto chi non riesce a dare un vero apporto alla società.
In questo contesto si situa L’Avaro, una commedia in cinque atti. Il protagonista è Apargone, la cui avarizia ha soffocato la coscienza e il sentimento. Pur di non abbandonare le proprie ricchezze, arriva persino ad ingannare i suoi propri figli.
Arpagone, dunque, protagonista tragicomico mette in mostra tutte le “miserie” di un uomo che vive al fine di accumulare beni e denaro, non per migliorare la sua vita ma esclusivamente per goderne del possesso. Possederlo è ragione di vita e di esistenza. Il non averlo è il nulla, il buio. Il filo conduttore dell’opera è il legame patologico di Arpagone ad una cassetta, ove sono custoditi tutti i suoi denari. La perdita di questa lo trascina alla disperazione assoluta. È dispettoso, astuto, invidioso, con aggravanti psicologiche di una vecchiaia non sana.
In conclusione il protagonista ironicamente invita il pubblico a riflettere sulla morale dell’opera, ovvero sulla continua ricerca di denaro di ognuno di noi, e che in fondo siamo tutti un po’ Arpagone.
Molière si limita a ritrarre gli uomini come sono, a disegnare campioni di dissennatezza, monomaniaci in bilico tra commedia e tragedia che suscitano risate, ma anche amare riflessioni sulla natura umana.
Il drammaturgo fu vittima di critiche per le sue opere, attraverso le quali cercava di trasmettere messaggi educativi che però risultavano immorali secondo i critici del tempo. Molte di queste erano di altri autori che risentivano della sua figura eclettica nel teatro; egli era autore e attore al tempo stesso e quindi conosceva bene le esigenze del pubblico e l’arte della recitazione.