Di recente ho avuto l’occasione di recitare un ruolo (piccolo) in una fiction televisiva su Oriana Fallaci, con
la regia di una vecchia volpe del settore: Marco Turco (“Rino Gaetano”, “la città dei matti”, uno bravo
insomma). È stata la mia “prima volta” sul set di una fiction, per fortuna di qualità, e mi ha offerto spunto
per alcune riflessioni che vorrei condividere con gli allievi dei corsi di recitazione (e con chiunque possa
essere interessato): se togliamo il velo tecnologico a una produzione televisiva, il lavoro dell’attore è quello
più simile oggi al glorioso Ottocento. Le parti vengono assegnate in base a un rigoroso vaglio del “physique
du role”, a causa dei tempi opprimenti di produzione i ruoli – soprattutto quelli minori – vengono preparati
in poco tempo, quindi conviene all’attore avere sempre delle “arie di baule” (come i tenori dell’opera
verdiana), cioè dei ruoli fissi già pronti: il direttore burbero ma buono, l’amministratore troppo zelante
ecc. Grande peso viene dato ai protagonisti, i cui nomi possono garantire buoni ascolti, e quindi anche la
sceneggiatura viene cucita su di loro, il regista è sottoposto a grandi pressioni e rispettare tabelle molto
strette sui tempi gli altri ruoli devono uniformarsi a questa tendenza e sapere che non c’è tempo per rifinire
il loro lavoro, devono sostenere la “stella” ed essere pronti. Il lato buono è che se lo sai fare a teatro lo sai
fare anche per la televisione, solo più in piccolo.
Quindi il grande insegnamento per l’aspirante attore che deriva da tutto questo è: conosci te stesso e sii
sempre pronto.
Ostrega, lo sapevano già anche gli antichi Romani e i Padri della Chiesa.