Xavier Dolan – Un giovane talento del Cinema

Xavier Dolan – Un giovane talento del Cinema

Immagine correlataNome: Xavier Dolan
Età: 28 anni
Nota a: Montréal, nel Québec
Primo film: J’ai tué ma mère nel 2008. Vince tre premi: Premio Art Cinéma, Premio SACD e Premio Regards Jeunes

Appena ventotto anni e sei film da regista, uno più importante, stimolante e apprezzato dell’altro.
“I film non mi ispirano in modo particolare. Sono invece un grande amante dei libri fotografici e della pittura. Ogni volta che su un libro trovo una foto che m’ispira lo acquisto sapendo che un giorno mi tornerà utile” dice il giovane e acclamato regista canadese.

Ebbene sì, proprio a lui ci ispiriamo quast’anno all’interno del percorso di Recitazione Cinematografica a Fantalica.
Significa confrontarsi con una recitazione intensa da analizzare e studiare.

La regia di Dolan è molto particolare.
Gli attori sono ripresi in primissimi piani insistiti.
I volti si esprimono con lunghi silenzi e piccolissime espressioni di grande intensità.

Allo stesso tempo però vi sono scene di forte intensità restituite con una verità emotiva disarmante.

Nei suoi film gli unici effetti speciali sono i sentimenti: i sorrisi, le lacrime e i silenzi.
Una grande occasione di studio si rivolge al cinema di oggi e che merita di essere scoperto.

Parla così il giovane regista del suo film Juste la fine du monde, uscito nelle sale italiane il 7 dicembre 2016.

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“Penso che sia realmente una questione di incomunicabilità e incompatibilità.
I personaggi del mio film non si capiscono, non si ascoltano, non riescono a esprimere le loro differenze.
C’è quindi una grande distanza tra loro, una tristezza più vasta che li separa più che unirli. È altrettanto complesso per Louis fare coming-out soprattutto verso se stesso.

L’assenza del padre è ricorrente nei miei film. Morti, assenti, partiti, o se presenti molto evasivi, irresponsabili, fastidiosi. Non ho mai avuto istintivamente la voglia di parlare dei padri. Ma ho sempre avuto lo stimolo di parlare di donne, di madri. Sono figure che m’ispirano di più, che sento più vicine. Le figure maschili, soprattutto paterne, sono più difficile da decifrare per me”.

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Dolan decide di restringere lo schermo a un quadrato.
Una dimensione 1:1 invece di un 4:3 o di un 16:9, due barre di nero al lato dunque che producono subito due effetti.
Ci vuol far sentire, attraverso questo piccolo stratagemma, il senso di artificio rispetto a quello che stiamo vedendo, stringendo al contempo il fuoco intorno agli attori come a volerli placcare – una camera piazzata addosso.
E dentro la cornice del quadrato c’è tutto.
Ci sono luci che entrano in campo in modo invadente, riverberando come una pioggia solare.

Ma poi dentro il quadrato, Dolan sa che può osare, inserendo tutto ciò che vuole.
Per saturare lo spazio disponibile utilizza un sonoro sporco e onnipresente (rumori, chiacchiericcio, traffico…) che si sovrappone a una colonna sonora invadente, iper-pop: i brani più gettonati di Dido, Oasis, Counting Crows, Lana Del Rey.

Vi è nella sua regia un eccesso fatto di recitazione iperemotiva: camera attaccata ai corpi , i grandangolari, i primissimi piani, sequenze di volti come una serie continua di fototessere, campi e controcampi quasi da soap, la musica a cascata.
Una sapienza di montaggio (che firma regia, sceneggiatura, produzione, costumi, e montaggio appunto) per cui i non detti, le elisioni, le omissioni sono lasciati alla sceneggiatura.
Completamente senza pudore il suo modo di lavorare, tanto da fare del ralenti, la propria cifra stilistica.

Dolan è seduttivo e geniale perché arriva a ridefinire che cos’è il pop, e lo fa come se la storia del cinema non esistesse e fosse stata sostituita da una specie di continua rappresentazione diffusa: lì il suo inconscio si è formato, tra i riferimenti commerciali degli anni novanta.

Il movimento nel Teatro – Grotowski

Il movimento nel Teatro – Grotowski

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Il teatro è un’arte che ha sempre affascinato e coinvolto: è nato per la gente e si è sempre rivolto alla gente.
Un modo per fuggire dalla realtà per un breve tempo.
Un modo per entrare nella vita di qualcun altro e farla propria.
Un modo per raccontare una storia e farla vivere a chi la ammira e ascolta.

“Il teatro è così infinitamente affascinante perché è così casuale. E’ come la vita.” diceva Arthur Miller.

Ma, come si fa “a far teatro”?
Cosa ci vuole per diventare ed essere un bravo attore e cosa possiamo fare per imparare al meglio?

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Innanzitutto bisogna dire che, il teatro non è fatto solo di parole.
Il testo a cui affidarci non basta per fare di una grande copione una grande opera.
Il Teatro, come la vita, è un mix di elementi.
Il testo serve, certo, ma non è tutto. Se bastasse questo tutti saremmo dei grandi attori e delle grandi attrici.
Il Teatro abbraccia anche altri elementi.
È fatto di emozioni, di gesti, di intonazione della voce, di espressività, di luci, di ombre, di suoni, di silenzi…
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Per cominciare ci soffermiamo però su un elemento fra tutti: il MOVIMENTO CORPOREO.
Possiamo tranquillamente affermare che un attore è chiamato a interpretare innanzitutto un ruolo, e questo lo fa principalmente con il proprio corpo.
Si muove, spazia, cammina lungo il palcoscenico, assume in tutto e per tutto le sembianze di qualcuno.
Stanislasvkij, grande attore, regista, scrittore e teorico teatrale russo, ci ricorda che per realizzare un personaggio, l’attore deve “perfezionare” il proprio corpo.
Questo non vuol dire appunto diventare muscolosi e prestanti,  ma di saper fare esercizio.
L’esercizio ha lo scopo di dare elasticità e plasticità al corpo per averne piena padronanza.
Si rappresenta un’opera teatrale anche e soprattutto con il corpo.
Come potrebbe un attore recitare ruoli dinamici senza la padronanza totale del proprio corpo?

Un grande protagonista della “preparazione del corpo dell’attore” fu sicuramente Grotowski.

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Grotowski rivoluzionò il teatro del suo tempo e, insieme al suo allievo Eugenio Barba, è considerato uno dei padri del teatro contemporaneo.
Nella sua opera Per un Teatro Povero (1968) dichiarò che il teatro non avrebbe potuto né dovuto competere con lo spettacolo travolgente del film, ma avrebbe dovuto concentrarsi sulla radice più profonda dell’atto teatrale: gli attori di fronte agli spettatori.

I suoi studi sono entrati a far parte della metodologia di preparazione del corpo dell’attore, all’interno delle scuole di tutto il mondo.

Il training mira così a rendere gli attori consapevoli del proprio corpo, a concentrarsi su di esso e ad esplorarlo, attraverso esercizi mirati, rendendolo plastico, duttile e forte.
Il lavoro viene impostato sulle “cerniere del corpo” a partire dai piedi fino ad arrivare alla testa.
Coinvolge i vari impulsi energetici per rendere vitali tutti i muscoli…anche quelli che non sappiamo di avere).
Aiuta a controllare al meglio ogni azione scenica attraverso esercizi di resistenza muscolare (ribaltate, verticali ed equilibrio).

Un training fisico completo ma che rende l’attore consapevole di  ogni suo gesto teatrale.

Anche nel percorso proposto nella Piccola Accademia di Fantalica, sia nel percorso base che in quello Avanzato, la fase di preparazione o training si basa sugli studi del grande Grotowski.

A seguire un video di alcuni esercizi.
https://goo.gl/LBabP8